Nel corso del 2014, durante l’attività d’accoglienza in favore delle donne vittime di violenza, sono stati raccolti – in totale anonimato – i seguenti dati riguardanti: nazionalità, età, scolarità, condizione economica, tipo di maltrattamento.
INDAGINE SUI FEMICIDI IN ITALIA REALIZZATA SUI DATI DELLA STAMPA
NAZIONALE E LOCALE:
ANNO 2013
a cura del Gruppo di lavoro sui Femicidi
Casa delle donne per non subire violenza, Bologna
Ricerca di: Petra Crociati, Laura farina, Roberta Granelli, Chiara Ioriatti, Cristina Karadole, Elisa Ottaviani, Anna Pramstrahler Inma Mora Sanchez, Cinzia Verucci
RIFLESSIONI INTRODUTTIVE
Prosegue per l’anno 2013 l’indagine curata dal gruppo di lavoro della Casa delle donne per non subire violenza di Bologna, volta ad indagare i dati emergenti dalla stampa nazionale e locale sulle donne uccise nel nostro paese per motivi di genere (femicidi).
Permane infatti la necessità di colmare un vuoto conoscitivo in relazione al fenomeno, che da anni denunciamo e che è stato all’origine del nostro percorso di indagine, oltre che la convinzione che sia necessario conoscere i fatti sociali per poterli prevenire e contrastare.
Seppure moltissime sono state quest’anno le iniziative intorno al tema femminicidio in Italia, a partire da quelle governative, come il decreto femminicidio, approvato ad agosto 2013, poi convertito in legge in ottobre, seppure non ancora applicato.
In particolare vogliamo qui ricordare le iniziative organizzate intorno al 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza alle donne, dalla società civile, che hanno posto all’ordine del giorno violenza contro le donne e femminicidio come problemi sociali.
E tra queste richiamiamo il lavoro di una giovane Graphic Designer genovese, Sara Porco, con cui abbiamo collaborato con noi e con le Girl Geer Dinners di Milano e ha creato il sito “Stop al Femminicidio” e l’applicazione “La mappa dei Femicidi“, dove rende accessibili i nostri dati a partire dal 2005. Lo scopo principale del progetto è quello di mettere in luce il fenomeno e denunciare l’assenza di dati ufficiali e di offrire una mappa che raccoglie oltre 1000 casi, ricostruendo il fenomeno in modo diretto e intuitivo.
Nel corso del 2013, durante l’attività d’accoglienza in favore delle donne vittime di violenza, sono stati raccolti – in totale anonimato – i seguenti dati riguardanti: nazionalità, età, scolarità, condizione economica, tipo di maltrattamento.
Dai dati possiamo confermare che le donne da noi accolte sono state un totale di 363 (in aumento rispetto agli anni precedenti), di cui la maggior parte, 243, di nazionalità italiana, mentre 91 di nazionalità extra europea e solo 29 di altre nazionalità appartenenti all’Unione Europea.
Per maggiori informazioni sui dati e sulle azioni a contrasto della violenza di genere visionare il PDF sottostante:
scarica il file in .pdfLibretto informativo: Case o Prigioni? storie e numeri di omicidi in famiglia in Lombardia orientale 2005-2012.
L’O.N.V.D. (Osservatorio Nazionale Violenza Domestica) non è solo una sigla che studia, analizza e scrive, ma è una struttura dai mille occhi, dalle tante sensibilità, dalle diverse competenze. In ciò esso è certamente sollecitato, anche, dall’interesse che via via è cresciuto verso il fenomeno della violenza in ambito familiare, dalla drammaticità delle sue dimensioni e al tempo stesso dalla carenza di informazioni complessive e compiute.
Eppure, singoli studiosi, equipe di esperti, strutture scientifiche (e l’ONVD fra questi) hanno prodotto in particolare negli ultimi decenni una vera e propria letteratura, analisi e azioni che hanno certamente fornito canoni di lettura, metodiche euristiche anche innovative, un aumento insomma di conoscenza del fenomeno che tuttavia permane, resta ancora indefinito, indeterminato, persino oscuro in molte sue parti. Viviamo una realtà culturale e sociale in mutamento sempre più rapido dentro la quale si situa il fenomeno connotato da forti ambivalenze che spingono più verso l’immersione e l’occultamento che non verso l’emersione e il disvelamento.
E ciò vale per i soggetti interessati e coinvolti tanto quanto per la società entro la quale si collocano, agiscono e vengono immaginati. La società costruisce se stessa confondendo ciò che è e ciò che le pare naturale che sia o, infine, ciò che le interessa. Lo studioso deve liberarsi di questo schermo, liberare i fenomeni sociali dalle immaginazioni collettive.
Questo non va attribuito esclusivamente all’oggi.
Anche quello della violenza in famiglia -di certo pur sotto altre forme e con altre connotazioni- esiste con l’esistere dell’uomo, forse parte costitutiva dell’aspetto dolente dell’umanità.
Anche quando questa violenza emerge negli aspetti più evidenti e più estremi della violenza (uccisione del partner, del figlio, del genitore etc.) resta una difficoltà a fondarne una lettura critica, a interpretare distintamente il fenomeno in presenza di una limitatezza delle nostre conoscenze complessive e di un sistema di analisi compiuto.
Permane anche per questi casi estremi ed evidenti in sé, una resistenza istituzionale ad assumere dimensione e valenza sociale. Insomma, evidenti ma istituzionalmente silenti, fatto salvo l’ovvio ma insignificante clamore mediatico.
Eppure tutti gli aspetti richiedono e richiamano studio, anche perché sono fenomeni storici, evolutivi: sono un aspetto del modo di essere della nostra società.
Nel corso del 2012, durante l’attività d’accoglienza in favore delle donne vittime di violenza, sono stati raccolti – in totale anonimato – i seguenti dati riguardanti: nazionalità, età, scolarità, condizione economica, tipo di maltrattamento.
Dai dati possiamo confermare che le donne da noi accolte sono state un totale di 355 (in aumento rispetto agli anni precedenti), di cui la maggior parte, il 64%, di nazionalità italiana, mentre il 31% di nazionalità extra europea e solo il 5% di altre nazionalità appartenenti all’Unione Europea.
L’età media complessiva si aggirava sui 30/50 anni, sebbene siano in aumento le donne comprese nella fascia d’età 50/60 anni, oltre che dai 60 anni in su, mentre il livello di scolarità predominante è la media inferiore, seguito immediatamente dalla media superiore, ma sono presenti anche donne laureate o con corsi professionali.
La maggior parte delle donne che si sono rivolte a noi possedevano un proprio reddito di vario tipo (89 medio, 74 basso, 5 alto, 5 altro), mentre 104 non avevano alcun reddito e quindi alcuna indipendenza.
Il maltrattamento maggiormente riscontrato è stato quello psicologico (172), spesso abbinato al maltrattamento fisico (103) e quello economico (83), maltrattamenti perpetrati talvolta anche verso i figli (48). I casi di stalkig segnalati sono stati 33.
Generalmente il maltrattante/abusante risulta essere il marito/convivente (181), oppure l’ex marito/compagno (75), ma sono inclusi anche il padre/la madre (27) e il figlio/la figlia (15), solo in 4 casi il maltrattante è stato dichiarato un totale sconosciuto.
La nazionalità è stata per il 64% italiana, il 30% extra europea e il 6% appartenente all’Unione Europea, mentre la scolarità varia da media inferiore, a elementare e a corso professionale, sono presenti anche soggetti laureati.
La condizione economica del maltrattante spesso non viene dichiarata, perché non conosciuta, ma in 80 casi il reddito era medio, in 60 basso, in 36 alto e in 42 casi non era presente un reddito.
Da quanto ci risulta inoltre i soggetti maltrattanti solo in taluni casi hanno dei problemi fisici/psichiatrici potenzialmente scatenanti, quali tossicodipendenza (58), alcolismo (31) o disturbi psichiatrici certificati (24), infatti in 134 casi i soggetti non avevano alcun tipo di problema riconosciuto.
Ecco i nostri Dati relativi al 2012, riguardanti le donne accolte e i maltrattanti:









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