02 Mar 2014

Video/Documentario “Mai più violenza sulle donne. Prevenzione e buone pratiche per arginarla” realizzato da Massimo De Angelis per Amnesty International Italia (2014).

Alcuni estratti:

Monica Ligas, Psicologa:
Quando parliamo di violenza intrafamiliare parliamo anche di violenza assistita, che è particolarmente subdola. Questo cosa vuol dire? Che per un bambino essere picchiato direttamente o vedere la propria madre picchiata non fa nessuna differeza. Il problema maggiore però qual è? E’ che in realtà diventa poi una catena, che si tramanda di padre in figlio, quasi fosse un’eredità e quindi è molto più probabile che un bambino che ha subito violenza assistita diventi un domani un adulto violento o un adulto vittima.

Chiara Volpato, Psicologa Sociale:
C’è da parte della società una legittimazione della violenza maschile sulla donna, viene legittimato dal modello maschilista, dal modello sessista, che ci portiamo dietro e che ha avuto a mio avviso una recrudescenza negli ultimi vent’anni. Se noi ci guardiamo intorno ci sono tutta una serie di modi, di oggettivazione della donna, fino a una vera e propria deumanizzazione della donna.
L’oggettivazione basta andare nelle strade e guardare tutta una serie di manifesti pubblicitari che ci sono intorno a noi, in cui vediamo il corpo femminile che viene esposto in una maniera molto diversa dal corpo maschile e addirittura vediamo questo corpo femminile esposto a pezzi.
Se poi pensiamo alla diffusione della pornografia, che è una diffusione che è aumentata negli ultimi anni in maniera esponenziale, soprattutto grazie al web, a internet, ecc. soprattuto tra gli adolescenti. Nella pornografia il corpo femminile è appunto visto come un oggetto, c’è questa legittimizzazione.. è un qualcosa che porta alla legittimizzazione della violenza, perché spesso nei video pornografici la donna viene violenta, viene usata come oggetto.
Un altro aspetto su cui ci si potrebbe soffermare e su cui si sta facendo ricerca in questo momento è quello dei videogiochi, ci sono dei videogiochi violenti che propongono un’immagine anche questa pornografica e sessualizzata della donna. Intervistatore:
C’è un ruolo negativo da parte dei mezzi di comunicazione nella diffisione della violenza sulle donne? Sicuramente. Esiste a più livelli direi. Esiste in tutte le immagini di pornografia leggera che troviamo diffuse nei mezzi di comunicazione, nelle televisioni, nei video musicali per esempio, di cui gli adolescenti sono grandi fautori, ma esistono anche altri aspetti se vogliamo più sottili, anche come gli stessi telegiornali parlano ad esempio della violenza alle donne, dei femminicidi. Molto spesso si tende a sottostimare quello che viene detto delle vittime e si parla molto di più degli aggressori. Intervistatore:
Come si genera questa assuefazione alla violenza contro se stesse da parte delle donne? C’è una sorta di interiorizzazione dello sguardo esterno su di se, cioè le donne guardano a se stesse con uno sguardo esterno, come gli osservatori le guardano, cioè invece di percepirsi dal didentro e percepirsi come individui completi con le proprie aspirazioni, i propri desideri, ecc, sopravvalutano il loro aspetto fisico, il loro aspetto esterno e focalizzano tutta la loro attenzione su questo. E questo porta appunto a quella che gli studiosi chiamano “un’auto-oggettivizzazione del corpo femminile”

Andrea Cicogni, Psichiatra:
Sembra strano che proprio nella famiglia nella coppia ci sia maggior rischio per una donna di subire violenza o di essere addirittura uccisa. Statisticamente il posto in cui una donna rischia maggiormente di essere uccisa è la propria casa, il proprio luogo degli affetti.
Si parla del “raptus” come perdita di controllo, ma in realà sappiamo bene che non è un problema di perdita di controllo di raptus immediato, ma è un meccanismo che parte dall’opposto, da un controllo progressivo, dai meccanismi di controllo su una persona, sulla donna, meccanismi di controllo e potere che piano-piano arrivano a considerare quello che è un rapporto affettivo, un rapporto di possesso, possesso assoluto.
La violenza porta a tutta una serie di disturbi, anche psichici, disturbi d’ansia, disturbi depressivi, disturbi comportamentale alimentare, tentati suicidi, suicidi che avvengono realmente, quindi la violenza ha un costo sociale e sanitario incredibile, non sono “soltanto” un piccolo gruppo di uomini, delle belve umane che uccidono, ecc. quello è il caso estremo di un sommerso enorme su cui bisogna cominciare a lavorare e interrogarci anche come operatori della salute mentale.

Alessandre Pauncz, Psicologa CAM:
Nel giro di un paio di mesi l’80% degli uomini interrompe la violenza fisica, per quello che riguarda invece la violenza psicologica o la possibilità in periodi di stress o di difficoltà di ritrovarsi in difficoltà rispetto ai comportamenti aggressivi il percorso è molto lungo.

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